Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

Il Subcomandante Marcos

Il Subcomandante Marcos e la sua critica al neoliberismo

La critica di Marcos all’ideologia neoliberista e al fenomeno disumano e disumanizzante della globalizzazione è un argomento di grande interesse per la pressante attualità e la marcata affinità alle idee del Nuovo Umanesimo.

In questo articolo tratteremo di un personaggio piuttosto particolare, Il Subcomandante Marcos  (1957-) dell’esercito zapatista (EZLN) del Chiapas. Non si tratta certo di una scelta di stampo militarista, come potrebbe far pensare la presenza di un esercito, e ciò in virtù del fatto che l’attività degli zapatisti è di carattere dimostrativo e non-violento, in contrapposizione al metodo repressivo messo in atto dal governo messicano tramite l’esercito nazionale e le squadre della morte.

La critica al pensiero unico neoliberista

L’interesse per questo personaggio va molto al di la della sua attività di rivendicazione dei diritti della minoranza del Chiapas, in quanto il Subcomandante Marcos è anche un fine teorico dell’opposizione al fenomeno della globalizzazione e all’ideologia neoliberista. Inoltre ha anche il merito di riconoscere nella tecnologia informatica e telematica un potente strumento di lotta e di diffusione, quindi è un rivoluzionario al passo coi tempi.

Subcomandante Marcos Viaggio nell'Umanesimo

Nella sua critica al pensiero unico, Marcos pone l’accento su alcune caratteristiche essenziali di questo sistema attraverso sette capisaldi o tessere (cui però, afferma Marcos, se ne possono aggiungere altri) che descrivono in maniera incisiva il fenomeno della globalizzazione, vera e propria guerra mondiale in atto (la quarta) del sistema contro l’umanità, supportata ideologicamente dal pensiero neoliberista.

Data la complessità di un esame approfondito, almeno in questa sede, della lucida analisi di Marcos, mi limiterò ad una rapida rassegna dei sette capisaldi.

I sette capisaldi

Il primo tratta della concentrazione della ricchezza e la distribuzione della povertà, spietata polemica contro l’incapacità del liberismo economico di distribuire in maniera equa le risorse mondiali giungendo, per la sua costituzione intrinseca, ad accumulare progressivamente la ricchezza in poche mani lasciando nella povertà la maggior parte degli abitanti del mondo. Da ciò la necessità improrogabile di operare una ridistribuzione del benessere. Il secondo caposaldo è strettamente legato al primo quasi in rapporto di causa effetto: la globalizzazione dello sfruttamento, cioè l’imposizione delle disuguaglianze economiche comporta una ristrutturazione del ciclo produttivo con il risultato di una generalizzazione del fenomeno della disoccupazione e dello sfruttamento. Il terzo, migrazioni, l’incubo costante, è una polemica alla strumentalizzazione del fenomeno delle migrazioni massicce con il risultato di una guerra tra poveri che finisce col perpetuare il potere della minoranza.

Ci sono, senza dubbi, molte più tessere del rompicapo neoliberista. Per esempio i mezzi di comunicazione, la cultura, l’inquinamento, le epidemie. Qui abbiamo voluto mostrarvene sette. Queste sette perché voi, dopo averle disegnate, ritagliate e colorate, vi rendiate conto di quanto è impossibile metterle insieme. È questo il problema che la globalizzazione ha preteso di risolvere: le tessere non si incastrano.

Il quarto caposaldo, mondializzazione finanziaria e globalizzazione della corruzione e del crimine, affronta il tema scottante del legame perverso tra i grandi monopoli finanziari e la macrocriminalità organizzata dove diventa difficile distinguere il confine tra legalità e illegalità. Il quinto, la legittima violenza di un potere illegittimo, mostra la profonda contraddizione del neoliberismo, il quale teorizza uno stato sociale minimo imponendo, per garantire l’ordine pubblico, uno stato poliziesco assoluto, che, lungi dall’essere uno strumento di lotta contro la criminalità organizzata, risulta in realtà un mezzo per imporre le disuguaglianze.

Il sesto caposaldo, la Megapolitica e i nani, mette in luce quali siano i veri detentori del potere politico di questo sistema, vale a dire le grandi organizzazioni finanziarie mondiali (banche, multinazionali, mafie, etc.) capa ci di condizionare le politiche nazionali delle singole nazioni (non è anche il caso dell’Unione europea?). A questo macropotere non interessa il colore dei governi legittimi (e illegittimi), basta che non vengano messe in discussione le strutture del sistema.

Infine, il settimo caposaldo, le sacche di resistenza, sottolinea il fallimento del progetto neoliberista, perché mostra tutti quei gruppi anticonformisti che non si adeguano a questo sistema e costituiscono un problema irrisolto per il grande potere. Queste sacche rappresentano la vera speranza per una salvezza futura dell’umanità.

Sembra proprio che Marcos abbia dipinto un quadro a tinte fosche del mondo attuale, una visione tutto sommato pessimistica, se non fosse per la conclusione piena di speranze della sua analisi. Questi sette capisaldi non si possono combinare tra di loro, la globalizzazione è incapace di risolvere al suo interno le proprie contraddizioni. Quest’incapacità comporta la necessità di costruire un mondo nuovo.