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La meritocrazia in una società disuguale e nell’ottica della leadership gentile

Si parla molto di meritocrazia di questi tempi, mi sembra un tema ricorrente e abbastanza abusato. Se andiamo a vedere quale sia il suo significato, potere al merito, ma, in maniera più ampia, creare le condizioni perché siano i meritevoli a emergere, sarebbe una condizione assolutamente auspicabile.

Ma, in una società così disuguale come la nostra e così votata alla competizione spietata, il concetto di meritocrazia non è realizzabile e rimane, nella maggior parte dei casi, una parola vuota.

Competizione e disuguaglianza

Ci sono almeno due motivi per cui penso che bisognerebbe ridimensionare l’enfasi sul valore della meritocrazia. Il primo ha a che vedere con la forte competitività che c’è a livello macro, cioè tra organizzazioni complesse e formate da molte persone, e a livello personale, perché per emergere come persone bisogna vincere nella competizione con gli altri.

Viviamo in competizione continua con gli altri e anche con noi stessi. Non è, in linea di principio, una condizione negativa. Lo diventa quando è il principale modo di atteggiarsi verso se stessi, il mondo e gli altri, al punto da toglierci quasi il respiro.
Meritocrazia Viaggio nell'Umanesimo

In questo contesto, potremmo aggiungere anche che si tende a colpevolizzare chi non ce la fa, i poveri, quelli che rimangono alla base della scala sociale. Se stanno dove sono è perché non hanno lottato abbastanza per emergere e, in ultima analisi, è colpa loro, è giusto che stiano dove sono.

Passare dalla competitività al darwinismo sociale è estremamente facile. Così la meritocrazia viene confusa con l’abilità ad emergere a tutti i costi.

Altra conseguenza è cosa facciamo dei presunti non meritevoli, quelli che non sono stati capaci di vincere nella competizione con gli altri. Siamo sicuri che queste persone non fossero meritevoli o semplicemente non avevano la mentalità di emergere a tutti i costi?

La meritocrazia è una parola vuota in un contesto di competizione spietata in cui non si cerca di rimuovere gli ostacoli che rendono la nostra società diseguale.

C’è poi un altro fattore che mette in crisi il concetto di merito e meritocrazia nella nostra società così volta alla competizione: la disuguaglianza. È forse un segreto che non partiamo tutti con le stesse possibilità, che non abbiamo accesso alle stesse opportunità e ci sono persone che per raggiungere i loro obiettivi nella vita devono sforzarsi molto di più?

Rispetto ad alcuni secoli fa, diciamo fino all’epoca illuminista, è cambiata molto la mentalità che vedeva nel sangue e nella discendenza una fonte di diritto a stare ai vertici della società. Ora è universalmente acquisito che la discendenza e il lignaggio non siano fonte di diritto e vige una uguaglianza almeno di principio. In teoria tutti abbiamo lo stesso diritto a emergere e dare il meglio di noi stessi nella vita, ma gli ostacoli perché ciò sia realtà sono innumerevoli.

Se in una gara di 100 metri qualcuno parte 50 metri più avanti, che merito ha ad aver vinto?

Certo, si potrebbe obiettare che ci sono molti esempi di persone che emergono nonostante partano da condizioni di svantaggio. Questo è semplicemente vero e aggiungo anche che i traguardi che raggiungiamo acquistano un valore maggiore proprio quando sono difficili da raggiungere.

Ma l’eccezione non dovrebbe confermare la regola. Per qualche talento che riesce a emergere ne perdiamo una quantità enorme e non sarà sempre per la loro colpa di non averci creduto abbastanza. Ci sono tanti fattori o eventi che possono allontanarci dai nostri obiettivi.

Inoltre credo che la disuguaglianza di partenza in qualche modo danneggia anche chi parte da posizioni di vantaggio.

In definitiva, mi piacerebbe che siano veramente i meritevoli ad emergere e che ognuno avesse l’opportunità di esprimersi nella vita nel modo migliore possibile, ma sappiamo che ci sono ancora molti ostacoli per realizzare qualcosa del genere.

Se non si pensa di rimuovere questi ostacoli, anzi negli ultimi anni sembra che si stia andando proprio nella direzione opposta, la meritocrazia rimane un concetto privo di un vero significato.

Leadership gentile e valorizzazione del merito

Ora si tratta di affrontare l’argomento nell’ottica della leadership gentile.

Comincio con affrontare il tema così come sembra funzioni in un contesto di organizzazione gerarchica tradizionale dove la meritocrazia viene vista soprattutto nel suo significato di successo e scalata sociale e al potere.

La conseguenza principale di questa visione del merito è che si tende a premiare di più le persone che sono allineate con chi ha già funzioni di comando e controllo. In pratica un sistema organizzativo basato sulla gerarchia piramidale non favorisce quasi mai la discussione aperta, la critica costruttiva, la partecipazione e, in ultima analisi, la vera meritocrazia. Così questo concetto diventa una parola vuota.

Ben diverso il valore che avrebbero i concetti di merito e meritocrazia in un contesto organizzativo basato sulla leadership gentile. In questo caso l’organizzazione gerarchica tradizionale sarebbe sostituita da una circolare, più inclusiva, che valorizza le persone per quello che possono dare e fare, e incoraggia la partecipazione attiva. Chiaramente ci saranno persone che prenderanno decisioni e se ne assumeranno la responsabilità, ma cercheranno di condividere il più possibile il processo decisionale e la gestione dei progetti.

Così in un contesto di leadership gentile la meritocrazia sarà principalmente volta a valorizzare le capacità di ciascuna persona che faccia parte del gruppo e di porla nel posto dove possa dare il meglio di se. Chi è portato di più a prendere decisioni e ad assumersene le responsabilità finirà quasi naturalmente a fare da guida ed esempio per gli altri.

Ma il processo di selezione sarà improntato più alla valorizzazione delle capacità e competenze che all’allineamento alla linea di chi prende le decisioni.

Mi rendo conto che tutto ciò, negli insiemi umani complessi, caratterizzati anche dalle ambizioni personali, spesso anche legittime, degli attori in gioco, non sia di facile attuazione da sembrare quasi utopistico. Ma io credo che valga la pena di fare lo sforzo di provarci.

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